
Valorizzare il patrimonio di creatività che i rifugiati portano con sé nella fuga, un contributo che arricchisce enormemente le comunità che li accolgono: è questo è il progetto Rothko in Lampedusa
Spreading CreActivity
22 novembre 2019
Organized by UNHCR
Fondazione Ugo e Olga Levi – Palazzo Giustinian Lolin
Il progetto organizzato dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e curato da Luca Berta e Francesca Giubilei in occasione della 58. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia si conclude con una tavola rotonda a Palazzo Giustinian Lolin.
Il titolo Rothko in Lampedusa allude al legame ideale tra uno dei più grandi artisti del XX secolo e Lampedusa oggi un simbolo, più che un luogo, dove la massa mediaticamente anonima che, in fuga da conflitti e persecuzioni, raggiunge le nostre coste.
Il progetto nasce dalla volontà di proporre una narrazione alternativa rispetto a quella prevalente, in cui i rifugiati siano considerati non come una massa, o un onere spersonalizzato, ma nel loro pieno potenziale di individui unici, portatori di arricchimento per la società nel suo insieme.
“Attraverso l’arte le persone in fuga mantengono viva la propria umanità, la propria dignità e riaccendono la speranza di ricostruzione del proprio paese. Allo stesso tempo contribuiscono, nelle comunità che li ospitano, a gettare le basi per un futuro migliore, fatto di convivenza e di arricchimento nella diversità,” ha dichiarato Carlotta Sami, Portavoce UNHCR per il Sud Europa.
In occasione della vernice della Biennale, il 9 maggio, la modella Bianca Balti è stata protagonista della performance-installazione Dress For Our Time organizzata in collaborazione con il London College of Fashion della University of the Arts di Londra.
La modella ha indossato una tenda utilizzata da una famiglia di rifugiati nel campo di Za’atari, nel nord della Giordania, al confine con la Siria, vicino Al Mafraq, a sottolineare il cortocircuito di pensiero che rischia di farci dimenticare una tragedia quotidiana che invece è letteralmente cucita addosso a chi la sta vivendo.
L’azione divulgativa è proseguita con il documentario Torn con l’Ambasciatore di Buona Volontà UNHCR Alessandro Gassmann in occasione di Art Night Venezia e il workshop formativo AtWork organizzato da Moleskine Foundation e condotto da Simon Njami per 25 rifugiati e richiedenti asilo provenienti dalla rete dei progetti di integrazione nazionale (SIPROIMI), a cui è seguito l’allestimento in mostra dei taccuini elaborati dai partecipanti a Palazzo Querini.
L’ultimo evento in calendario è il talk Spreading CreActivity del 22 novembre con la Prof.ssa Helen Storey, del London College of Fashion, ideatrice del progetto Dress For Our Time, tavola per riflettere sul ruolo della creatività per donne e uomini che vivono nella condizione di rifugiati.


Analizzando tendenze, nuove tecniche produttive e diritti umani si cercherà di capire come lo sviluppo delle attività creative possa diventare uno strumento di emancipazione e di libertà per chi è stato costretto a fuggire.
Moderatori:
Frances Corner (Warden of Goldsmiths, University of London)
Pratap Rughani (Professore London College of Communication, University of the Arts London).
Speakers:
Lina Abirafeh (Direttore esecutivo Executive Director The Arab Institute for Women)
Sue Clayton (Regista, scrittrice, compositrice Film director, writer and composer– Goldsmiths, University of London)
Carlotta Sami (Portavoce Spokeswoman UNHCR Sud Europa)
Helen Storey (Social artist & designer – London College of Fashion)
Matteo Ward (Ceo & Cmo WRÅD)




Programma:
Spreading CreActivity
22 novembre 2019
Organized by UNHCR
Fondazione Ugo e Olga Levi – Palazzo Giustinian Lolin
18.00 – Presentazione e apertura della conferenza
18.15 – THINK THANK I “Dress For Our Time”, conversazione: Pratap Rughani, Helen Storey, Matteo Ward
18.45: break
19.00 – THINK THANK II “From displacement to empowerment: how can we empower women and girls to create new futures?” Conversazione: Frances Corner, Sue Clayton, Carlotta Sami, Lina Abirafeh
19.45: Question time
Mark Rothko è un esempio paradigmatico di un rifugiato del ventesimo secolo, fuggito ai pogrom e all’arruolamento forzato nell’esercito imperiale. Persecuzioni razziali, religiose e politiche, destino e condizione che lo accomuna a molti rifugiati. Rothko fuggì dalla Lettonia, venendo accolto negli Stati Uniti d’America, dove riuscì ad esprime il suo talento, donando all’intera umanità la sua opera e il suo genio. Ma cosa avrebbe perso la cultura del Novecento senza Rothko?
Cosa perdiamo oggi nel considerare i rifugiati che arrivano oggi in Europa come una massa indistinta, dimenticandone l’umanità, l’estro e il genio, che potrebbe portare al Rothko del ventunesimo secolo? Sono molti gli ingredienti che fanno parte del progetto e le domande alle quali i curatori Luca Berta e Francesca Giubilei hanno scelto di rispondere partendo dalla mostra ospitata a Palazzo Querini, palazzo settecentesco messo a disposizione dalla Fondazione Ugo e Olga Levi. Dove è stato presentato il lavoro di otto artisti celebri e affermati, (Ai Weiwei, Adel Abdessemed, Christian Boltanski, Richard Mosse, Abu Bakarr Mansaray, Nalini Malani, Dinh Q. Lê e Artur Żmijewski), accanto a loro, cinque artisti emergenti si raccontano, partendo proprio dalla mancata opportunità di coltivare il proprio talento e far sentire la propria voce. Majid Adin (animatore iraniano, rifugiato in Inghilterra), Rasha Deeb (scultrice curdo-irachena, rifugiata in Germania), Hassan Yare (fumettista somalo, rifugiato in Kenya), Mohamed Keita (fotografo ivoriano, rifugiato in Italia) e Bnar Sardar Sidiq (fotografa irachena, rifugiata in Inghilterra). I loro lavori e le loro storie ci parlano di naufragi, della ricerca della pace, del terrore che si prova sentendosi dispersi in mare, della vita straniante nei campi profughi, degli stereotipi che deumanizzano chi vive una situazione di chiaro svantaggio nella condizione di rifugiato e di come hanno fatto di questi temi un elemento cardine della loro carriera artistica.
Grazie alle loro opere questi artisti, pur non conoscendosi e avendo fatto esperienze di vita anche molto diverse, condurranno il visitatore lungo un percorso che offrirà uno sguardo nuovo su un argomento tanto attuale. Uno sguardo non solo dall’esterno ma anche dall’interno, poiché per una volta integrerà anche il punto di vista di chi vive la condizione di rifugiato in prima persona.
Spreading CreActivity
Venerdì 22 novembre ore 18.00
Fondazione Ugo e Olga Levi
Palazzo Giustinian Lolin
San Marco 2893
Le foto sono state fornite dai curatori Luca Berta e Francesca Giubilei per Venezia da Vivere.